Lo zafferano vero (Crocus sativus) è una pianta della famiglia delle Iridaceae,
la parola zafferano deriva dalla parola latina safranum, che a sua volta deriva dall’arabo zaʻfarān (زعفران) (da aṣfar(أَصْفَر), che significa “giallo”).
Un tempo allo zafferano, di cui si utilizzano gli stimmi, venivano attribuite proprietà antidolorifiche e sedative. Sono molte le leggende legate all’origine dello zafferano: dall’amore di Croco per la ninfa Smilace, un rapporto affettivo che gli Dei non condivisero, trasformando Croco in un fiore bellissimo e prezioso. Altra leggenda vuole che Mercurio colpì inavvertitamente Croco e per ricordare la memoria dell’amico scomparso, aveva tinto con il sangue la preziosa pianta. Di certo ogni leggenda ha il suo tempo e dimostra l’incertezza dell’origine. Una certezza comunque è che ci si ricorda di questo fiore in tempi remoti e ne favorirono il commercio in pieno Medioevo le vie dei pellegrini da Roma verso il nord Europa, la storica Francigena e le grandi “arterie” classiche nel trasporto di merci e culture favorirono la crescita e la conoscenza di tale spezia, anche da parte degli agricoltori del centro Italia quali la Toscana, l’Umbria: il più antico riferimento al commercio di zafferano in Umbria appartiene alla documentazione archivistica del monastero di S. Maria di Valdiponte, nota come Abbazia di Montelabate, nei pressi di Perugia, nei cui libri contabili del XIII secolo è registrato l’acquisto di una «uncia çafarani», in data 2 febbraio 1226, al prezzo di 4 soldi e 6 denari.In questi ultimi anni si è rilevato in Umbria un rinnovato interesse per questa coltura, capace di costituire motivo di valorizzazione di un territorio in quanto gli aspetti prettamente produttivi possono efficacemente integrarsi con iniziative atte ad esaltare le peculiarità dei luoghi di produzione. Per quanto attiene in particolare la produzione di zafferano nel territorio di Città della Pieve il più antico riferimento al commercio di zafferano nel Territorio di Città della Pieve è la citazione contenuta nello Statuto del Comune di Perugia del 1279, dove all’articolo 509 “Qualiter eligantur potestas Castri plebis” si vietava nell’allora contado di Castel della Pieve la semina della pianta citata come grocum, ovvero croco, ai forestieri.
Il valore attribuito alla produzione di croco nel territorio pievese accrebbe poi nei secoli successivi, come documentano le dettagliate ordinanze emanate dalle autorità locali riguardo la coltura e la «ricolta di saffarano». Quest’ultima era severamente regolata negli Statuti della Gabella di Castel della Pieve del 1537-1539, i quali imponevano l’obbligo a chiunque raccogliesse zafferano nel suddetto distretto di denunciarne al Comune il quantitativo prelevato, ottemperando poi alla tassazione prevista entro e non oltre l’8 novembre. La grande attenzione rivolta alla produzione di zafferano nel comprensorio di Castel della Pieve era sicuramente legata all’uso dei pigmenti ricavabili dalla pianta, impiegati in modo particolare nella tintura di panni (lana, velluti e sete) e filati, di cui a lungo la città fu un importante centro produttivo.
Famosissimi erano infatti i panni e i damaschi di Città della Pieve e le preziose sete colorate con lo zafferano «che anche “il Perugino” pare utilizzasse per rendere in affresco l’inimitabile riflesso dorato dei tessuti tinti con quest’oro naturale».
Il Croco di Pietro Perugino-Zafferano di Città della Pieve è commercializzato esclusivamente in fili purissimi per garantire la sua autenticità e risulta di ottima qualità.
Nel giugno 2002, con il forte sostegno dell’Amministrazione Comunale e della Comunità Montana Monti del Trasimeno, è stato costituito il Consorzio “Il Croco di Pietro Perugino Zafferano di Città della Pieve-Alberto Viganò” e sono stati registrati presso la Camera di Commercio di Perugia il marchio e logo.